VENERDI SANTO

Omelia Vescovo Carlo

 

            Oggi anche la liturgia è molto severa: secondo un’antichissima tradizione non si celebra la santa messa, ma solo il ricordo della passione del Signore accompagnato da un invito alla preghiera ai piedi della croce per tutte le necessità del mondo, per quel mondo per il quale Gesù è morto in croce. Certo, contemplando quella croce da cui pende Gesù agonizzante e immaginandoci presenti alla sua via crucis, molti sentimenti scaturiscono dentro di noi e la commozione ci riempie il cuore di tristezza.

            Ma non possiamo non ascoltare Gesù che di fronte alle buone donne di Gerusalemme, che piangono sulla sua sorte, dice loro: “Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”. Non si tratta del rifiuto di un gesto umano che voleva essere di conforto, ma di un invito ad allargare lo sguardo per comprendere più a fondo quanto stava capitando e che lui doveva sopportare. Gesù invita le donne ad andare alla causa di tanto suo soffrire, le invita a non fermarsi alla compassione, pur ben intenzionata, ma a guardare alla malvagità che minaccia anche loro e i loro figli e a cercare di difendere se stesse e loro da essa. Se non si combattono con Gesù le cause che l’hanno portato alla croce, queste si ripercuoteranno sui loro figli, non necessariamente portandoli alla morte in croce, ma alla rovina umana e spirituale.

            Quando il male ha il sopravvento, non possono che prepararsi giorni tristi per tutti e non basta dire “purché non tocchi a me” o usare compassione per coloro che ne sono colpiti. Su Gesù il male sembra aver avuto il sopravvento, anche per il silenzio di buone persone che hanno lasciato fare, forse per paura di compromettersi o di avere problemi, come d’altra parte ha fatto anche Pietro, dovendo poi piangere amaramente su se stesso e sul suo tradimento.

            Per questo Gesù si trova solo, tutti lo hanno abbandonato lasciando il campo libero a coloro che volevano ucciderlo. Sono rimaste solo queste donne indifese che cercano di confortarlo. Ma Gesù, sia pure nel suo dolore, non cessa di essere il Maestro che aiuta loro e noi a guardare avanti e indica a loro e a noi la strada: non basta piangere su di lui e non guardare a cosa sta capitando, in modo particolare alla perdita di valori fondamentali, e che non può che essere di danno per tutti.

            Questo è un rischio che incombe sempre: limitarsi alla compassione per chi è nella sventura, ma non prendere provvedimenti affinché non si verifichi, perché comporterebbe pagare qualcosa di persona.

            È quello che sta capitando anche oggi in molte parti del mondo. Da ogni parte si sente dire “poverini” per i rifugiati e gli immigrati che fuggono dai loro paesi in guerra, ma si chiudono loro le frontiere con mura e fili spinati: disturberebbero troppo la nostra quiete e anche il nostro benessere che spreca una quantità enorme di beni.

            Quattro suore, con parecchie altre persone, vengono uccise solo perché assistono ammalati che nessuno vuole e un grande silenzio le avvolge: ma … “non sono nostre”, non sono europee.

            Così capita con tanti cristiani uccisi ogni giorno nel mondo solo perché cristiani, perché come Gesù si fanno carico delle povertà umane, ma essi sono poco rilevanti per le grandi strategie politiche delle nazioni: qualche parola di compassione, quando va bene, e poi silenzio e la colpevole indifferenza, quella che papa Francesco chiama la “globalizzazione dell’indifferenza”.

            Il dramma di Gesù che abbiamo appena meditato nella lettura della sua passione si ripete continuamente, con l’unica, importantissima differenza, che Gesù è il Figlio di Dio.

            Oggi Gesù ripete a noi: “non piangete su di me, ma resistete con me al male che grava su di voi e sui vostri figli”. Se insieme con Gesù, e come lui, non resistiamo al male, la sua potenza si espande e ricadrà sempre più fortemente su di noi e sui nostri figli.

            Gesù ci dà l’esempio, resistendo pacificamente al male e in tal modo, pur subendolo, non si lascia conquistare da esso, ma ne denuncia la falsità.

            Mentre meditiamo sulla passione del Signore nostro Gesù, chiediamoci, quindi, come unirci a lui nel resistere al male che minaccia ciascuno di noi. Facciamolo non solo per noi, ma anche per coloro che ancora oggi tra noi e in molte parti del mondo ne sono vittime innocenti e che non riescono a far sentire la loro voce e trovare giustizia.

            Questo è il modo più vero di seguire Gesù e di vivere una vera compassione verso di lui e verso coloro che sono ingiustamente perseguitati per la loro fede.

+ Carlo Bresciani

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